RITRATTI: GISELA SCIALACOMO

12 marzo 2010

SCHIACCIATRICE

Nata a Paranà (Argentina) il 17 febbraio 1980; vive a Brindisi.

Segno zodiacale:

Acquario.

Quando hai iniziato a giocare a pallavolo?

A 6 o 7 anni.

Perché proprio la pallavolo?

Perché facevo tutto quello che faceva mio fratello. Ha iniziato dal calcio, ma lì non potevo seguirlo; poi è passato alla pallacanestro e anche lì non potevo seguirlo; infine si è dedicato alla pallavolo e lì sono riuscita a inserirmi.

Hai sempre giocato da schiacciatrice?

Sì, tranne due anni in cui ho fatto il libero.

La tua carriera:

Sono cresciuta nel settore giovanile del Club Patronato, dove sono rimasta fino a 14 anni, poi ho giocato tre stagioni nel Paranà Rowing Club, partecipando ai campionati nazionali (in Argentina ci sono campionati regionali o nazionali, senza le varie categorie A, B, C, ecc.).

Dai 18 ai 20 anni ho giocato nel Club Atletico Estudiantes a Paranà. In più ho partecipato alle selezioni regionali in tutte le categorie.

E poi sono venuta in Italia:

2001-’02 – Cosenza, serie A2

2002-’03 – Cosenza, serie B1, e poi Amelia, serie C (dopo il fallimento del Cosenza).

2003-’04 – Amatori Brindisi, serie B1

2004-’05 – Amatori Brindisi, serie B1

2005-’06 – Amatori Brindisi, serie B1

2006-’07 – Volley Massafra, serie B2

2007-’08 – Autoluna Salerno, serie B2

2008-’09 – Autoluna Salerno, serie B2

2009-’10 – Pallavolo Taranto, serie B2

Cos’altro fai nella vita?

Lavoro e studio Scienze Politiche a Brindisi.

I tuoi hobbies, ammesso che abbia tempo?

Leggere.

L’ultimo libro in italiano che hai letto:

La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. E adesso ho appena iniziato Venuto al mondo di Margaret Mazzantini.

L’ultimo libro in spagnolo:

Angeles y demonios di Dan Brown.

L’ultimo film in italiano che hai visto:

Avatar.

L’ultimo film argentino:

Besos en la frente.

Il tuo cantante/gruppo preferito?

Manà e Ricardo Arjona.

Il tuo piatto italiano preferito:

Spaghetti con le vongole.

Il tuo piatto argentino:

Asado.

Sapresti elencare i tuoi principali pregi?

Sincerità, fedeltà e onestà.

E i tuoi difetti?

Sono permalosa. E molto testarda.

Il più bel ricordo della tua carriera:

Sono tanti. Ma non penso a singoli campionati in modo specifico. I bei ricordi sono le partite vinte in modo inatteso, contro ogni pronostico, magari in trasferta e al cospetto di una tribuna piena che ha tifato contro. Mi piace questo tipo di situazioni.

E poi ci sono i campionati vinti in Argentina e la qualificazione alle Final Four di Coppa Italia con il Brindisi nel 2004 e con il Salerno lo scorso anno.

Il più amaro:

Il più recente è la sconfitta nella finale play-off per la promozione in B1 con il Salerno, non tanto per la sconfitta, che fa parte dello sport, ma per la situazione che si era creata.

L’osservazione più ricorrente del coach nei tuoi riguardi:

Dice che sono una rompipalle. E che sono acida.

Bah. Il tuo soprannome:

Ce l’avevo in Argentina: Yiyo.

Giocatore o giocatrice che ammiri di più:

Emanuel Ginobili, in assoluto. In ambito pallavolistico… Silvia Renna.

Qual è stata la partita più gratificante della tua carriera?

Nella carriera ce ne sono parecchie; invece quest’anno la vittoria per 3-0 con l’Arzano.

E la partita che vorresti cancellare?

In questo caso ce ne sono parecchie quest’anno: Altamura, Benevento (Accademia), Oria…

Gli scontri diretti persi 3-0, insomma…

Ma non per la sconfitta. Per il modo con cui si è perso, per le figuracce che abbiamo fatto e perché sono dipese da noi.

Si dice che i messicani discendano dagli Aztechi, i peruviani (come Castillo) dagli Inca, gli argentini… dalle navi.

Chi furono i tuoi avi che scesero dalle navi?

I miei bisnonni siciliani, originari di Leonforte, nei pressi di Catania. Salparono dal porto di Napoli nel 1902 e conserviamo ancora i documenti relativi al loro arrivo.

Cosa ricordi con più piacere degli anni pallavolistici trascorsi in Argentina?

Devo fare una premessa: in Argentina il mondo delle società sportive è completamente diverso. I club nei quali sono cresciuta sono grandi polisportive in cui trascorrevamo intere giornate e persino le estati (nel caso di Paranà il club ha una spiaggia sul fiume).

Tutta la mia famiglia era legata al club e in particolare alla pallavolo; i miei genitori ci lavorano ancora oggi. In questo preciso momento, mentre rispondo alle tue domande, loro sono lì. Il club era ed è la mia seconda casa; nella prima ci andiamo solo per dormire e a volte per mangiare.

Nel club sono nate le mie amicizie più vere e più profonde, quelle che rimangono ancora oggi, superando le distanze.

Hai un messaggio per loro che vuoi divulgare pubblicamente?

Anche se io non chiamo mai e non scrivo mai, penso sempre ai miei amici del club con gratitudine per tutto l’affetto che mi hanno dato e che continuano a darmi.

Come è maturata la decisione di trasferirti in Italia?

Attraverso il procuratore ho ricevuto la proposta di giocare a Cosenza in serie A2. Non ci ho pensato due volte e nell’arco di un paio di settimane ho organizzato la mia partenza: passaporto, valigia, tutto.

Devo aggiungere che è stato fondamentale l’appoggio dei miei genitori. Lo è stato all’epoca della partenza e lo è ancora oggi: il loro affetto rimane un sostegno importante per la mia vita.

Una scrittrice italiana che viaggia spesso nel tuo Paese, Laura Pariani, ha affermato: “Qui in Argentina, dovunque vada, mi sento stranamente a casa”. [1]

Vale lo stesso per te in Italia? Hai avuto difficoltà ad ambientarti?

Soltanto all’inizio, ma non a causa dell’Italia, che mi è sembrata subito molto accogliente, bensì per il distacco da casa. Però ho sempre incontrato persone che mi hanno accolto con cordialità, ovunque sia stata.

Cosa ti aiuta ad attenuare la nostalgia dall’Argentina (a parte la birra Quilmes che ordini periodicamente)?

Avere accanto una persona come Diego mi dà la forza per andare avanti e per raggiungere i nostri obiettivi. E poi mi sento molto spesso con i miei, soprattutto adesso che ci si possono scambiare sms intercontinentali.

La tua famiglia riesce a seguire a distanza le tue imprese sportive?

Tramite internet: loro seguono tutto. E poi – come ho appena detto – ci sono gli sms; dopo ogni partita li aggiorno.

Al protagonista di un romanzo di Vazquez Montalban viene chiesto: “Cosa ne sa di Buenos Aires?”

Lui risponde: “Maradona, desaparecidos, tango” (un po’ come la triade “pizza, mafia, mandolino” che identifica l’Italia). [2] Analizziamoli uno per uno.

Maradona. Può un giocatore tecnicamente sensazionale ma con una vita privata disordinata diventare un allenatore autorevole e credibile per gli atleti che allena?

Maradona sì. Secondo me, Maradona in Argentina può fare tutto quello che vuole: lui sarà sempre amato e sarà sempre criticato.

Desaparecidos. Per tenere buoni i militari, sono state promulgate due leggi che rappresentano una sorta di amnistia, Obediencia debida e Punto final, poi rimesse in discussione. E’ giusto raggiungere in questo modo la pacificazione nazionale oppure credi che nessun torturatore debba morire comodamente nel proprio letto?

Nessun torturatore dovrebbe morire comodamente nel proprio letto. E’ giusto che paghino per quello che hanno fatto.

Tango. E’ un genere musicale che (meritatamente) è sempre più apprezzato e ballato anche in Italia. Quando capitano spettacoli dalla parti di Taranto o di Brindisi ci vai?

Sì, se riusciamo a saperlo per tempo. Fra l’altro anche a Diego piace molto.

Ma lo sapete anche ballare?

Io lo sapevo ballare perché in Argentina si insegna anche nelle scuole.

Cosa potrebbero imparare gli italiani dagli argentini e gli argentini dagli italiani?

Noi argentini sappiamo essere autoironici, sappiamo ridere dei nostri difetti e dei nostri problemi più degli italiani. In compenso gli argentini dovrebbero imparare… a cucinare meglio la pasta e la pizza.

Con tutti gli italiani che ci sono lì…!

Il problema è che per la pizza manca proprio la “materia prima”. La mozzarella, ad esempio, non è la stessa che c’è in Italia.

Nativi, spagnoli, italiani, polacchi, ebrei, tedeschi… Le diverse nazioni d’origine costituiscono una delle caratteristiche che rendono il tuo Paese così affascinante e che ne fanno – credo – uno dei più riusciti esempi di convivenza. Qual è il segreto?

Noi abbiamo un forte senso di appartenza e di nazionalità. Ti faccio il mio esempio personale: sono di origine italiana, vivo in Italia da anni e mi trovo benissimo. Qui sono felice e qui sto progettando il mio futuro. Però mi sento argentina e non so se riuscirò mai a sentirmi italiana quanto mi sento argentina.

Non è facile da spiegare.

Non sei l’unica giocatrice argentina del nostro girone e – più in generale – nei campionati italiani. Con quali colleghe tue connazionali ti senti o ti vedi più spesso?

In realtà, sfortunatamente, non ho mai giocato accanto ad altre argentine, tranne l’anno scorso quando a Salerno è arrivata Norma Ruggiero. Ed è con lei, in effetti, che ho instaurato un rapporto più stretto.

Torniamo al Taranto. Com’è stato possibile perdere 3-0 ad Altamura e battere 3-0 l’Arzano nell’arco di sei giorni?

E’ la dimostrazione che alterniamo pallavolo di alto livello a pallavolo da principianti. E’ proprio questa mancanza di continuità che ci ha penalizzato in tutto il campionato e ci ha spinto nella situazione critica in cui ci troviamo adesso.

Quando non ci si allena insieme con continuità ci sono giornate in cui può andarci tutto bene, ma ci sono giornate in cui i limiti si evidenziano.

Siamo sestultimi; qual è la strada per la salvezza?

Lavorare. Allenarsi quanto più possibile, badando alla qualità oltre che alla quantità, per trovare la giusta intesa. Non mollare e crederci fino alla fine.

Obiettivi e desideri personali per il tuo futuro:

In primo luogo, formare una famiglia e un passo importante lo abbiamo già fatto andando a vivere insieme. Poi un figlio…

(Non adesso…!)

…Poi laurearmi e finire la carriera nel migliore dei modi, vincendo finalmente un campionato.

NOTE:

(1) PARIANI, L., Il Paese dei sogni perduti, Effigie, Milano, 2004, pag. 37.

(2) VAZQUEZ MONTALBAN, V., Quintetto di Buenos Aires, Feltrinelli, Milano, 5^ ediz. 2005 (1^ ediz. 1999), pag. 12.


RITRATTI: KATIA TADDEI

15 gennaio 2010

SCHIACCIATRICE

Nata a Grottaglie (TA), 20 anni fa; vive a Taranto.

Segno zodiacale:

Ariete.

Quando hai iniziato a giocare a pallavolo?

A 13 anni, ma già dall’età di 6 anni palleggiavo con mio padre.

Anche tuo padre gioca a pallavolo?

A mio padre piacciono un po’ tutti gli sport; è un insegnante di educazione fisica. Gli piace giocare a pallavolo, basket, calcio, fare windsurf, canoa… un po’ tutto insomma!

Perché proprio il volley?

È uno sport che mi piace da quando ero bambina. Mi piace perché è un gioco di squadra in cui bisogna avere forza, tecnica e intelligenza.

E perché proprio da schiacciatrice?

Perché sono alta, ho una buona elevazione e poi adoro attaccare, cambiare i colpi, mi diverto tantissimo!

La tua carriera:

2002-’03 – Palafiom Taranto, serie C

2003-’04 – Palafiom Taranto, serie C

2004-’05 – Volley Massafra, serie C

2005-’06 – Palafiom Taranto, serie C

2006-’09 – relax

2009-’10 – Taranto, serie B2

Cos’altro fai nella vita?

Studio ingegneria ambientale.

Qual è la tua personale soluzione tecnica per il dramma ambientale di Taranto…

Non ci sono soluzioni definitive purtroppo, ma si potrebbe mettere in atto un piano di disinquinamento del golfo di Taranto e potenziare i sistemi di depurazione.

I tuoi hobbies?

Fare aerobica, step e andare a ballare in discoteca!

In discoteca la notte prima, la notte stessa o la notte dopo una partita?

La notte stessa.

L’ultimo libro che hai letto:

New moon di Stephenie Meyer.

L’ultimo film che hai visto:

Braveheart, l’avrò visto 50 volte ma lo adoro!

“Nello studio di un fisioterapista, fra molti mesi da adesso, sei sicura che non sognerai di barattare tutti i giorni che avrai vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare sul parquet per urlare alle nostre avversarie che puoi lesionarti il crociato anteriore, ma questo non ti toglierà mai la voglia di giocare!”

Disse così Wallace o sbaglio?

Sì, disse proprio così! La voglia di giocare non passa per un crociato!

Il tuo cantante/gruppo preferito?

Ligabue e i Negramaro.

Il tuo piatto preferito:

Pizza e patatine fritte purtroppo!

Sapresti elencare i tuoi principali pregi?

Sono una persona molto paziente, cerco di dare del mio meglio in tutto ciò che faccio e sono sincera.

E i tuoi difetti?

Sono pigra e tante volte ho bisogno di essere spronata e sono abbastanza testarda.

Il più bel ricordo della tua carriera:

Il primo anno di serie C, avevo 13 anni, Marcello mi fece entrare in campo in posto 4, feci punto al primo scambio e chiudemmo il set. Marcello disse che fu la nota più positiva di tutta la partita, ero contentissima! Anche le selezioni regionali sono state un’esperienza stupenda!

Il più amaro:

Quando mi sono fatta male al ginocchio.

Quale difetto tecnico, se ritieni di averne, vorresti correggere?

In difesa e in ricezione ho parecchi problemi, sono lenta e leggo tardi la traiettoria della palla.

L’osservazione più ricorrente del coach nei tuoi riguardi:

Di muovermi velocemente in difesa, di non guardare la palla che cade senza provare a prenderla e di piegare le gambe.

Sei scaramantica? Compi “rituali” particolari prima, durante o dopo le partite?

No.

Il tuo soprannome:

Non ne ho.

Giocatore o giocatrice che ammiri di più:

Giba è un grande e la Piccinini.

Cosa ti piace di più del mondo della pallavolo?

Il gioco di squadra e il fatto che la pallavolo mi ha aiutato nella formazione del mio carattere e quindi a farmi diventare una persona più forte.

C’è, invece, qualcosa che ti infastidisce?

Nulla…forse solo che le partite sono durante il week end!

Ti sei allontanata dalle palestre per tre anni e quest’anno hai ripreso. Come è maturata la decisione di ritornare a giocare?

Mi mancava davvero tanto la pallavolo, l’adrenalina durante la partita, gli allenamenti, mi è capitato di sognare situazioni di gioco o Marcello che si arrabbiava e ho deciso di riprendere.

No, fammi capire: sogni Marcello che si arrabbia e questo, invece di indurti ad avviare un percorso terapeutico volto a rimuovere il trauma, contribuisce a farti decidere di riprendere…

Sì, perché quando un allenatore si arrabbia con te e pretende sempre di più è perché crede in te e sa che puoi fare meglio! Gli allenatori tranquilli e pacati non mi piacciono!

A Salerno c’è stato il tuo esordio in B2. Cosa hai provato in quel momento?

Ero felicissima, non vedevo l’ora di avere l’occasione di entrare in campo e grazie anche al supporto delle mie compagne non mi sentivo agitata.

Un punto al secondo scambio giocato. So’ soddisfazioni…

Sì, infatti, il mio motto quando entro in campo è sempre stato sin da piccola “tira e non avere paura!”

E poi in allenamento è arrivato questo infortunio maledetto: lesione al crociato anteriore e stagione finita. Fra l’altro sembravi destinata a giocare da titolare la domenica successiva. Cos’è successo?

Ricadendo da un attacco mi ha ceduto il ginocchio sinistro; mi dispiace tantissimo proprio perché avrei giocato titolare e non pensavo fosse così grave il problema… Che sfiga!

Dopo l’operazione, prevista per la settimana prossima, tornerai a giocare o prevedi altri tre anni di vacanza…?

Tornerò a giocare sicuramente; questo problema al ginocchio è per me una sfida da vincere!

Obiettivi e desideri personali per il tuo futuro:

Avere una famiglia e laurearmi.

Il tuo futuro lo immagini in questa martoriata città o altrove?

Per ora lo immagino qui a Taranto poi nella vita mai dire mai!

In bocca al lupo per l’intervento! Ti aspettiamo.


RITRATTI: SILVIA RENNA

18 novembre 2009

CENTRALE

Nata a Campi Salentina (LE), 29 anni fa; vive a Trepuzzi (LE).

Segno zodiacale:

Leone.

Quando hai iniziato a giocare a pallavolo?

A 13 anni.

Perché proprio la pallavolo?

Non c’è un motivo particolare. Diciamo che si è trattato di un caso.

Perché proprio da centrale?

Inizialmente giocavo in posto quattro; poi, salendo di categoria, gli allenatori mi hanno impiegata praticamente in tutti i ruoli o quasi. Giocare da centrale alla fine non è stata una mia scelta. Anzi, se potessi tornare indietro, non mi dispiacerebbe giocare da opposto.

La tua carriera:

1999-’00 – Pink Volley, serie D

2000-’01 – Pink Volley, serie C

2001-’02 – Maglie, serie C

2002-’03 – Volley Tuglie, serie C

2003-’04 – Volley Tuglie, serie B2

2004-’05 – Volley Tuglie, serie B2

2005-’06 – Pallavolo Ostuni, serie B2

2006-’07 – Pallavolo Ostuni, serie B1

2007-’08 – Autoluna Salerno, serie B2

2008-’09 – Tekla Scafati, serie B2

2009-’10 – Taranto, serie B2

Cos’altro fai nella vita?

Pallavolo a tempo pieno.

I tuoi hobbies?

Nessuno. Il volley mi impegna completamente.

L’ultimo libro che hai letto:

Mille splendidi soli di Khaled Hosseini. Però non lo consiglio; troppo triste.

L’ultimo film che hai visto:

Cinderella man.

Il tuo cantante preferito?

Renato Zero. Anche Liga e Vasco, ma Renato Zero è il numero uno.

Il tuo piatto preferito:

Pasta in bianco.

Che?!

Il sabato di sicuro. Probabilmente è un retaggio scaramantico.

Sapresti elencare i tuoi principali pregi?

Non dovrei farlo io. Posso riferirti quello che sento dire dagli altri: simpatica e altruista.

E i tuoi difetti?

Dicono che sono troppo permalosa. E anche l’altruismo può diventare un difetto.

Il più bel ricordo della tua carriera:

La promozione in serie B1 con l’Ostuni. Al di là del risultato tecnico, mi resta soprattutto il ricordo di un gruppo di atlete magnifico. C’era molta coesione. E poi sono convinta che quella promozione sia stata “aiutata” da qualcuno che era in Cielo.

Il più amaro:

Non esserci salvate dalla retrocessione nel campionato successivo. La matematica ci condannò al penultimo turno, dopo una sconfitta in Sardegna. Quanta amarezza.

Quale difetto tecnico, se ritieni di averne, vorresti correggere?

Stando a quello che dice il mister, sono troppo aggressiva a muro; anticipo troppo.

L’osservazione più ricorrente del coach nei tuoi riguardi:

Non c’è una frase specifica. In questo periodo sta insistendo sulla necessità di migliorare l’intesa con Ale. Devo armonizzare meglio i miei tempi di rincorsa con quelli dei suoi passaggi.

Sei scaramantica? Compi “rituali” particolari prima, durante o dopo le partite?

Adesso non tanto. Quando, però, gli arbitri ci dicono “in bocca al lupo” al termine del riconoscimento, la toccata sopra è automatica…

Il tuo soprannome:

A Ostuni mi chiamavano Terminator. Credo dipendesse dal mio atteggiamento aggressivo in campo e dal mio modo di esultare.

Giocatore o giocatrice che ammiri di più:

Simona Gioli e Gigi Mastrangelo.

Qual è stata la partita più gratificante della tua carriera?

Quella decisiva per la promozione in B1 con l’Ostuni. Ricordo l’entusiasmo e un tifo mai visto. Mi veniva la pelle d’oca ogni volta che toccavo un pallone.

E la partita che vorresti cancellare?

Una delle più recenti: quella contro l’Acquaviva. Può capitare di giocare male, ma è l’atteggiamento ad essere stato troppo superficiale.

Cosa ti piace di più del mondo della pallavolo?

Il rapporto con le compagne quando si riesce a costruire un clima positivo e sincero. Quest’anno credo che siamo già sulla buona strada.

C’è, invece, qualcosa che ti infastidisce?

L’ipocrisia. Ma naturalmente non è un problema che riguarda soltanto la pallavolo.

Perché due anni fa hai deciso di trasferirti in Campania e perché adesso hai deciso di tornare nella tua Puglia?

Decisi di andare a Salerno per assumermi responsabilità diverse; volevo mettermi alla prova e vedere come sarei riuscita a cavarmela lontano da casa. Sul passaggio da Salerno a Scafati, invece, hanno influito altri fattori, come il desiderio di restare vicina al gruppo di ex-compagne conosciute a Salerno e l’offerta interessante che mi era stata proposta dalla società scafatese.

Cosa ti resta dell’esperienza a Salerno e a Scafati?

Il bellissimo gruppo che avevamo costituito a Salerno. Sono stata troppo bene; non ci sono aggettivi. Ma anche a Scafati ho trovato delle ottime compagne di squadra. Sul piano tecnico, credo che gli insegnamenti di coach Castillo mi abbiano aiutata a migliorare.

Trepuzzi ha una squadra di pallavolo femminile; ti piacerebbe un giorno giocare nella squadra della tua città, a prescindere dalla categoria?

Sì, mi piacerebbe. Però… non prescindo dalla categoria e quindi non è il momento.

Qual è la rinuncia più gravosa a cui ti costringe la pallavolo?

In passato mi pesava il poco tempo che potevo dedicare ai miei amici. Adesso mi dispiace non poter stare abbastanza con i miei genitori.

Obiettivi e desideri personali per il tuo futuro:

Non ne ho a lungo termine perché a me piace vivere giorno per giorno ed affrontare le cose con gradualità. Penso a far bene quest’anno, poi si vedrà.